ANALISI E REQUISITI DEL VINO

La legislazione riguardante il vino ha subito negli ultimi anni, e continua a subire, notevoli variazioni a seguito dell’intervento dell’UE al fine di armonizzare le normative dei singoli Paesi comunitari.

Prima di esaminare alcuni limiti legali inerenti il vino è opportuno definire i concetti di gradazione alcoolica volumetrica: totale, effettiva e potenziale.

Iniziamo con il dire che come gradazione alcoolica volumetrica si intende una % volume su volume quindi ml di soluto (alcool) ogni 100 ml di soluzione (vino).

–          La gradazione alcoolica volumetrica effettiva rappresenta la % in volume dell’alcool effettivamente presente nel vino

–          La gradazione alcoolica volumetrica potenziale, rappresenta la gradazione alcoolica ottenibile dalla completa fermentazione degli zuccheri ancora presenti nel prodotto (% glucosio x 0,6)

–          La gradazione alcoolica volumetrica totale, rappresenta la somma delle due precedenti gradazioni.

Il  Regolamento  CE  1234/2007, modificato  dal  Regolamento  CE  491/2009, definisce  il  vino  come  “il  prodotto  ottenuto  esclusivamente  dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche, pigiate o no, o di mosti di uve”.

La legislazione italiana vieta la vinificazione con la vite americana (vitis labrusca) consentendo l’uso della solo vitis vinifera

Dal punto di vista merceologico si distingue:

  • vino che salvo deroghe per alcuni DOP o IGP per la legislazione del nostro Paese deve avere una gradazione alcolica effettiva superiore a 9,0 % vol.
  • vino liquoroso prodotto da mosto di uve parzialmente fermentato o da vino o da una loro miscela o con miscele di mosto e vino DOP o IGP, con titolo alcolometrico effettivo compreso tra 15% vol. e 22% vol.
  • vino spumante prodotto dalla prima o seconda fermentazione alcolica di uve fresche, mosto d’uve o vino e caratterizzato alla  stappatura  dallo  sviluppo  di anidride carbonica, deve avere una sovrappressione superiore a 3,0 bar
  • vino frizzante, ottenuto da un vino con gradazione alcolica totale maggiore di 9% vol. ed effettiva di almeno 7% vol. con una sovrappressione tra 1 e 2,5 bar
  • vino aromatizzati, bevande aromatizzate a base di vino, si tratta di prodotti con una gradazione alcolometria effettiva compresa tra  14,5% vol. e 22% vol. e un titolo alcolometrico totale superiore a 17,5% vol., tranne nel per prodotti secchi o extrasecchi in cui il limite scende rispettivamente a 16% vol., e 15%.

Tra questi prodotti troviamo ad esempio il Vermut (ottenuto mediante l’aggiunta al vino di alcol, estratti vegetali   di  artemisia,  e  sostanze  edulcoranti)  e la sangria.

Da un punto di vista della qualità del prodotto, esiste una suddivisione ora vigente che divide il vino in due grandi categorie:

  • prodotti di qualità tutelati a livello comunitario con un disciplinare di produzione, quindi vini DOP (Denominazione di Origine  Protetta)  e IGP (Indicazione Geografica Protetta),
  • vini generici

In Italia, secondo quanto ribadito nel D.lgs. 61/2010, i vini DOP possono ancora essere identificati  con  le  menzioni  tradizionali :

–          DOC  (Denominazione  di  Origine  Controllata)

–          DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita)

Che  designano vini di qualità con caratteristiche legate alla zona geografica in cui sono prodotti

 A livello nazionale, l’ IGP è sostituibile con il termine IGT (Indicazione Geografica Tipica),  ed è applicabile alle produzioni  provenienti,  almeno  per  l’85%,  da  una  zona  e  a questa  legate  per  notorietà,  qualità  e  caratteristiche  specifiche.

 I nomi dei vitigni rientrano nella denominazione e non possono essere utilizzati per designare vini privi di DOP o IGP

Per i vini generici esistono disposizioni che, se il vitigno è compreso in un apposito elenco, consentono nell’etichetta di riportare la dicitura “vino  varietale”,  seguito  dal  nome  del  vitigno  utilizzato.

L’etichetta dei vini deve riportare:

–          La designazione della categoria (ad esempio “Vino”, “Vino spumante”, “Vino liquoroso”

–          La denominazione completa della sigla DOP o IGP (in Italia sostituibile con IGT, DOC e DOCG)

–          Titolo alcolometrico effettivo

–          Indicazione della provenienza

–          Indicazione dell’imbottigliatore

–          Indicazione dell’ importatore (per vini esteri)

–          tenore di zucchero (nel  caso di vini spumanti)

–          Il volume nominale

–          Per i DOP e gli IGP l’annata di produzione

–          Lotto di produzione

–          Se il contenuto di SO2 risulta superiore ai 10 mg/l va riportato “contiene solfiti”

In Italia è fatto divieto di aggiungere saccarosio ai mosti per aumentare la gradazione.

Altri limiti riguardano parametri analitici che vengono qui di seguito riportati:

  • Densità del vino: si misura con picnometri, bilance idrostatiche o densimetri, è di poco inferiore a 1 g/ml per i vini secchi, mentre è di poco superiore a 1 g/ml per i vini dolci. Si misura più che altro per ricavare l’estratto secco. La misura della densità è maggiormente significativa per i mosti in quanto è in funzione della concentrazione zuccherina e quindi della gradazione alcolica potenziale.
  • Densità dell’estratto alcolico: è più significativa in quanto funzione dell’alcool effettivo presente. Il metodo ufficiale prevede una doppia distillazione. Si distilla, con refrigera ture avente misure standardizzate, il vino alcalinizzato con CaCO3 (blocca la SOe la CO2) fino a ¾ del volume . Il distillato si acidifica (blocco NH3) e si ridi stilla. Il distillato si riporta al volume iniziale con acqua distillata e ne viene misurata la densità, con tabelle dal valore della densità si risale alla % in alcool.
  • Estratto secco; è ciò che resta nel vino dopo aver allontanato l’acqua, Poiché non si riesce ad allontanare l’acqua senza modificare la struttura dei componenti (il riscaldamento caramellizza) si usa un metodo indiretto. Viene misurata la densità dell’estratto secco (DES) con questa formula:

                                DES = Densità del vino – densità estratto alcolico + 1 (densità relativa acqua)

                Dal valore trovato di ricava con una tabella l’estratto secco in g/l

  • Estratto secco ridotto = Estratto secco – zuccheri in quantità maggiore 1g/l –K2SO4maggiore di 1g/l –mannitolo –altre sostanze aggiunte,

Per questo parametro i limito sono minimo 14 g/l per i bianche , minimo 18 g/l per i rossi

  • Ceneri, si essicca il vino e quando si calcina le ceneri devono essere minimo 1g/l per i bianchi e 1,5 g/l per i rossi.
  • Acidità, si distingue acidità fissa (tartarico, citrico e malico), volatile (acido acetico) e totale somma delle due

–          Acidità totale: minimo 4,5g/l in acido tartarico; il vino viene agitato sotto vuoto (eliminazione anidride carbonica) quindi si titola con NaOH fino a pH 7. Al valore vanno sottratte le moli di NaOH consumate dalla anidride solforosa libera (2 X moli SO2 libera) e combinata (1 x moli SO2 combinata). In genere questo parametro viene espresso in g/l di acido tartarico

–          Acidità volatile: si agita sotto vuoto per allontanare l’anidride carbonica, si distilla in corrente di vapore e si titola il distillato con NaOH. Dopo la titolazione si riacidifica e si t titola con  Iodio la anidride solforosa libera. Si aggiunge borace (fino ad ambiente leggermente alcalino) e si titola l’anidride solforosa combinata. I valori di anidride solforosa in equivalenti vanno sottratti agli equivalenti di NaOH consumati.  I limiti sono massimo 18 meq/l per vini bianchi, massimo 20 meq/l per i vini rossi.

–          Acidità fissa; si calcola per differenza dell’acidità totale e quella volatile espresse nelle stesse unità di misura. Poiché il rapporto tra il peso equivalente dell’acido tartarico e di quello acetico è uguale a 1,25 è sufficiente moltiplicare per questo valore l’acidità volatile per avere i mg/l di acido tartarico (da dividere poi per 1000 per avere i g/l).

  • Anidride solforosa, per la sua determinazione si usa una titolazione diretta con lo Iodio e indicatore salda d’amido. Distinguiamo:

–          Anidride solforosa libera; si esegue la titolazione a pH 2, il valore deve essere corretto dalla presenza di altre sostanze riducenti, per tale motivo si esegue in parallelo un’altra titolazione aggiungendo ad un altro campione di vino sempre a pH 2 un eccesso di aldeide acetica, questa si lega alla SOimpedendo la reazione dell’anidride con lo iodio, ovviamente i ml di iodio consumati nella seconda titolazione vanno sottratti a quelli impiegati per la prima (i ml di Iodio consumati nella seconda titolazione sono in genere legati al contenuto di acido ascorbico nel vino),

–          Anidride solforosa combinata: dopo aver determinato l’anidride solforica libera si fanno due cicli di alcalinizzazione e acidificazione in questo modo viene idrolizzata l’anidride solforosa legata all’acetaldeide, al termine di ogni ciclo si esegue una titolazione con lo iodio (la somma dei ml di iodio consumati dalle due titolazioni sarà quella da usare per il calcolo dell’anidride solforosa combinata).

–          Anidride solforosa totale; è data dalla somma dei due valori precedenti (libera + combinata) abbiamo già visto come i suoi  limiti legali siano:

Per i vini massimo consentito è 150 mg/l,

Per i bianchi e rosati 200 mg/l;

Per i vini rossi con un residuo di zucchero maggiore o uguale a 5 g/l il limite è 200 mg/l

Per i bianchi e rosati con un residuo zuccherino maggiore o uguale a 5 g/l il limite è 250 mg/l.

Per gli spumanti di qualità 185 mg/l, per tutti gli altri spumanti  235 mg/l.

  • Zuccheri riducenti: il metodo ufficiali è quello riduttimetrico, il vino adeguatamente defecato (acetato di piombo e ferrocianuro di zinco) viene aggiunto ad una soluzione cuproalcalina e riscaldato a ricadere (gli zuccheri riducenti riducono parte del rame Cu++ a Cu+). Viene aggiunto un eccesso di KI (ioduro di potassio che si ossida in iodio completando la riduzione del Cu++ a Cu+).       Lo iodio sviluppato viene a sua volta titolato con una soluzione di tiosolfato, poiché le condizioni sono standardizzate una tabella mette in relazione i ml di tiosolfato consumati con i l contenuto di zuccheri riducenti presenti. Accanto a questo metodo ufficiale ne troviamo diversi ufficiosi, ma più pratici)
  • Saccarosio; per avere un’idea del suo contenuto si possono determinare con il polarimetro gli zuccheri prima e dopo un trattamento di inversione (idrolisi).  Le determinazioni ufficiali vengono condotte con cromatografie su strato sottile o più di frequente con cromatografie liquide ad altra pressione (HPLC)

ALTRE TECNICHE DI VINIFICAZIONE

VINIFICAZIONE CON MACERAZIONE CARBONICA

Si tratta di una tecnica destinata soprattutto alla preparazione di vini novelli, vini cioè che vanno consumati non oltre l’anno per apprezzarne al meglio le loro caratteristiche.

In questo tipo di vinificazione le uve intere il più possibile sane vengono sigillate in appositi contenitori in ambiente saturo di anidride carbonica ad una temperatura di circa 30°C.

Le condizioni anaerobica favoriscono una auto fermentazione intracellulare che favorisce la formazione di molti composti volatili ed una intensa colorazione.

Successivamente i grappoli prefermentati verranno pigiati e sottoposti ad una fermentazione tradizionale molto veloce (circa tre giorni).

Si ottengono vini poco acidi, ma molto aromatici che come abbiamo già detto non sono adatti all’invecchiamento.

VINIFICAZIONE IN CONTINUO

Si tratta di una tecnica utilizzata soprattutto per la produzione industriale del vino, in pratica il mosto viene immesso  nel fondo di  una grossa  vasca con altro mosto già in fase di fermentazione, poiché l’alcool (e quindi il vino) ha una densità inferiore a quello del mosto un sistema automatico preleva dalla parte alta del tino il vino formato, contemporaneamente una coclea separa le vinacce che si depositano sul fondo.

l vantaggi principali di questo tipo di vinificazione in rosso sono:

  • Risparmio economico dovuto ad una riduzione dei costi della manodopera.
  • Meccanizzazione di numerose operazioni in particolare l’estrazione delle vinacce
  • Risparmio di spazio in quanto il fermentatore continuo viene installato fuori dai locali.
  • Viene facilitata la fermentazione malolattica ed essa si conclude più rapidamente.
  • Maggiore uniformità dell’acidità e quindi una migliore selezione dei batteri resistenti all’acidità stessa.
  • Migliore uniformità dei batteri lattici.

VINI SPUMANTI

I vini spumanti possono essere ottenuti o per rifermentazione del vino inseguito all’aggiunta di zuccheri oppure per gassificazione.

Gli spumanti gassificati (bassa qualità) vengono preparati da vino stabilizzato e saturato a freddo con anidride carbonica.

Gli spumanti naturali sono ottenuti per rifermentazione del vino mediante aggiunta di zuccheri e lieviti selezionati attraverso due tecniche principali

  1. Fermentazione in bottiglia (metodo Champenois)
  2. Fermentazione in autoclave (metodo Charmant)

Le fasi preliminari comuni ai due processi sono le seguenti

Come nutrienti per lieviti vengono usati tiamina e Sali di ammonio, i vini impiegati per la produzione di spumanti sono ottenuti con la tecnologia in bianco: le uve in genere sono Chardonet per il metodo Charmant e Pinot nero per il metodo Champenoise (classico).

Metodo Champenoise

Uve di pinot nero sottoposto ad accurata vinificazione in bianco con pigiatura delicata o torchiatura rapida, segue uno sgrondo, solfitazione e chiarificazione (oggi effettuata in prevalenza con gel di silice).

La fermentazione viene condotta a temperature basse (minori di 20 °C) ottenendo un vino bianco secco.

Il vino viene imbottigliato con l’aggiunta di:

–          Lieviti selezionati (Saccaromyces Oviformis ed elipsoides) che hanno una buona tolleranza al tasso alcolico e che tendono ad aggregarsi favorendo così la loro successiva eliminazione

–          Sciroppo di saccarosio (20-24 g/l) tenendo in considerazione che ogni 4 grammi di zucchero possono produrre una pressione di circa  1 atm (24/4 = circa 6 atm)

Le bottiglie vengono tappate con tappi d’acciaio e messe in cantina a 10 °C in posizione orizzontale  per circa 2 anni e di tanto in tanto  agitate per evitare adesioni dei residui sulle pareti. (prise de mousse)

Dopo questo periodo le bottiglie vengono rovesciate in modo molto lento (rotazione a 180° in una settimana).

Si passa alla fase di degurment (sboccaggio), stappando la bottiglia dopo avere raffreddato il collo della stessa in modo da eliminare la massa dei lieviti

Una volta operato il degrurment si riporta a volume il contenuto della bottiglia nei seguenti modi:

–          Spumanti brut (secchi) si aggiunge spumante di altre bottiglie

–          Spumanti amabili (dolci) si aggiunge “liquor” ossia miscela di alcool e zucchero

Si opera un ulteriore solfitazione per evitare rifermentazioni e acido ascorbico come antiossidante infine si chiude la bottiglia  con il caratteristico tappo a fungo.

La caratteristica principale del metodo tradizionale champenoise  è che ogni bottiglia  è differente dall’altra,

 

Metodo Charmant

Il vino base è un chardonet ottenuto per vinificazione in bianco, dopo la fase di miscelazione con lieviti, zucchero e nutrienti per i lieviti viene fatta una fermentazione in autoclave (invece che in bottiglia).

La fermentazione dura un paio di mesi a temperatura di circa 20°C, al termine della quale si effettua una filtrazione a freddo.

Poiché la fermentazione è durata solo un paio di mesi (invece che degli anni come per il metodo champenoise) dei lieviti possono essere ancora vivi per cui il prodotto dopo essere imbottigliato viene sottoposto ad una pastorizzazione.

Le caratteristiche di questo metodo (oltre ovviamente ai costi ridotti) sono quelle di ottenere un prodotto con caratteristiche organolettiche standardizzate con un gusto particolarmente fruttato (lo spumante ottenuto con metodo tradizionale mantiene un gusto ancora di lievito tipo crosta di pane)