La scuola non è solo un luogo di lavoro, ma è anche il luogo deputato alla formazione dei lavoratori di domani; appare quindi necessario che l’educazione alla sicurezza sia una parte integrante del percorso formativo degli studenti secondo i principi costituzionali.
La legge quadro per la sicurezza è il DLSG 81/08 denominato anche “testo unico sulla salute e sicurezza”.
Questo decreto ha subito modifiche con il dlsg 106/09 soprattutto in merito al contrasto del lavoro irregolare e alla stesura del documento di valutazione dei rischi con criteri di semplificazione.
Le figure principali ed i termini in uso nella normativa sono così riassumibili (art.2)
1) Datore di lavoro (DS = Dirigente Scolastico)
2) Responsabile del Servizio di prevenzione e protezione (RSPP)
3) Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS – RLST)
4) Medico competente
5) I preposti (chi sovraintende alla attività lavorativa = docente nel confronto degli studenti, DSGA nel confronto del personale ATA)
6) Lavoratori/trici (gli studenti vengono considerati lavoratori quando fanno uso di laboratori o di apparecchiature munite di videoterminali)
Il Ds rappresenta quindi il datore di lavoro delle istituzioni scolastiche
I preposti (Docenti , DSGA, collaboratori scolastici quando vigilano) devono:
- sovrintendere l’attività lavorativa
- garantire l’attuazione delle direttive sulla sicurezza
- richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio ;
- segnalare al datore di lavoro o al dirigente ogni situazione di rischio o pericolo
I lavoratori devono
- prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre
- osservare le disposizioni e le istruzioni ricevute
- utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro
- utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione
- segnalare ogni situazione di rischio o pericolo
- non danneggiare dispositivi di sicurezze, di segnalazione o di controllo
In merito al piano di pronto soccorso, il Ds sentito eventualmente il medico competente, procede prendendo contatti con i servizi esterni per valutare modalità e tempi di trasporto per eventuali infortunati.
Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
- sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi a tutte le attività
- sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro;
- sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione
- sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate.
Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di :
- principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
- definizione e individuazione dei fattori di rischio;
- valutazione dei rischi;
- individuazione delle misure tecniche, organizzative di prevenzione e protezione
Definizioni DPI
Si intende per dispositivo di protezione individuale, di seguito denominato “DPI”, qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
Non costituiscono DPI:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto;
e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi e non per attività lavorative;
f) i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
I lavoratori:
- si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato
- utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e all’addestramento eventualmente organizzato ed espletato.
- provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione e non li modificano;
- seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.
- segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.
Segnaletica di sicurezza
Negli ambienti di lavoro, e quindi anche nelle scuole, sono presenti le seguenti tipologie di segnali di sicurezza
Il laboratorio chimico
Il laboratorio di chimica è un ambiente di lavoro, in cui troviamo dei rischi legati a:
- – infrastrutture
- – reagenti (sostanze chimiche)
- – vetreria (attrezzi e oggetti di uso comune)
Infrastrutture
Le infrastrutture che troviamo in un laboratorio chimico sono in gran parte comuni ad un ambiente domestico come può essere la cucina.
Ad esempio in un laboratorio di chimica troviamo le tre principali reti di servizio:
- acqua
- luce
- gas
I rubinetti dell’acqua sono generalmente contraddistinti dal colore verde.
Possiamo trovare due tipi di rubinetti, quelli posti al centro dei banconi e quelli messi in lavandini simili a quelli che abbiamo a casa.
I primi (fig. 1) non servono per lavare oggetti, ma esclusivamente per essere collegati ad altre apparecchiature (evitare di gettare oggetti nei fori di scarico di questi rubinetti).
I secondi (fig. 2) servono per lavare la vetreria.
Sebbene l’acqua che esce da questi rubinetti sia quella dell’acquedotto (potabile) è vietato bere in laboratorio in quanto soprattutto l’esterno delle tubazioni può essere venuto a contatto con qualche sostanza pericolosa.
Evitate di bagnare prese di corrente.
E’ severamente vietato giocare con l’acqua in laboratorio.
Ricordarsi di chiudere sempre i rubinetti dopo l’uso e che l’acqua non è sempre il metodo corretto per spegnere alcuni tipi di incendi.
Nei laboratori sono presenti anche dei serbatoi contenenti acqua distillata (acqua senza Sali minerali disciolti), l’acqua distillata va prelevata dentro le spruzzette che devono contenere solo questo tipo di liquido
Le prese elettriche sono in genere di colore blu. Esse vanno usate con tutti i comuni accorgimenti che si seguono nell’uso domestico. In particolare: evitate di aprire e chiudere inutilmente il coperchio (rottura della molla), evitare il contatto delle prese con oggetti metallici e con l’acqua, comunicare sempre al docente eventuali manomissioni delle prese (rotture o fili scoperti).
I rubinetti del gas sono di colore giallo (così come le condutture che lo trasportano).
Sebbene ci siano diverse valvole di intercettazione prima che il gas arrivi a questi rubinetti ogni studente è tenuto a controllare che il rubinetto della sua postazione sia chiuso quando inizia e quando termina la lezione (la posizione di chiusura è in genere quella in cui la parte allungata della manopola gialla è a 90° rispetto al flusso di uscita del gas).
Altri ambienti che si trovano in genere in laboratorio sono le cappe aspiratrici. Esse possono essere singole o poste su tutto il piano di lavoro.
La loro funzione è quella di aspirare i vapori nocivi e di proteggere l’operatore con un apposito vetro che può essere regolato in altezza in modo da limitare i rischi di contatto con schizzi di sostanze corrosive.
Un’area del laboratorio di chimica è in genere destinata a dei presidi di sicurezza come ad esempio estintori e docce (da usare in caso di contatto con grandi quantità di sostanze caustiche) e lavaocchi
I reattivi chimici
Come reattivi chimici intendiamo tutte le sostanze che vengono abitualmente usate nei laboratori.
I reattivi chimici possono essere contenuti:
- nei contenitori con in sono stati venduti
- in porta reagenti
in entrambi i casi, come vedremo, è assolutamente fondamentale che i contenitori siano adeguatamente etichettati.
E’ possibile classificare i reattivi chimici in diversi modi, ad esempio in:
– reattivi acidi: acido cloridrico, nitrico, solforico etc (possono provocare danni tipo ustioni)
– reattivi basici: idrossido di sodio, ammoniaca, candeggina etc (chimicamente sono il contrario degli acidi e possono provocare la saponificazione dei tessuti organici)
– reattivi organici: benzina, acetone, etere etc (possono provocare intossicazioni acute o tumori)
E’ da sottolineare che sebbene siano da prendere tutte le precauzioni possibili onde evitare i rischi dell’uso dei reattivi nei laboratori chimici, una gran parte di queste sostanze vengono utilizzate (spesso senza adeguata attenzione) anche nell’ambiente domestico.
Ad esempio l’acido muriatico che trovate a casa non è altro che acido cloridrico (decisamente concentrato), molti prodotti per la pulizia dei forni o per sgorgare i lavandini contengono idrossido di sodio (soda caustica), la trielina e l’acqua ragia sono solventi organici decisamente nocivi.
Al fine di conoscere i rischi connessi all’uso di una specifica sostanza è opportuno che nella etichetta siano presenti tutte le informazioni necessarie.
La normativa sulla etichettatura dei prodotti chimici è stata di recente modificata per cui non è raro trovare ancora prodotti che presentano vecchi tipi di etichette.
Le novità principali sono legate alle frasi di rischio e sicurezza ed ai simboli di pericolosità (pittogrammi)
Da un punto di vista generale gli elementi che devono essere presenti su di una etichetta sono i seguenti:
Approfondiamo il discorso riguardante i pittogrammi e le frasi di sicurezza e di rischio.
PITTOGRAMMI (SEGNALI DI PERICOLO)
I pittogrammi sono dei simboli che ci devono dare a colpo d’occhio una idea della pericolosità di una sostanza.
Come già indicato i pittogrammi sono stati modificati dalla corrente normativa (entro il giugno del 2015 dovrebbero trovarsi solo i nuovi).
Con la nuova normativa sono stati modificati la forma ed il colore dei pittogrammi, ne sono stati introdotti dei nuovi e ne sono stati eliminati dei vecchi.
Le differenze cromatiche tra i nuovi e vecchi pittogrammi sono le seguenti:
Vediamoli in dettaglio
Esplosivo: sostanza che per sfregamento, riscaldamento o altro tipo di innesco provoca una reazione chimica particolarmente violenta e rapida accompagnata dallo sviluppo di grosse quantità di gas e di calore; non ci sono sostanziali differenze tra il nuovo ed il vecchio pittogramma.
Infiammabili: sostanza che è in grado di infiammarsi anche a basse temperature, a contatto con particolari reagenti, per sfregamento etc. Chimicamente le sostanze infiammabili vengono classificate come combustibili, non ci sono particolare differenze tra il nuovo ed il vecchio pittogramma
Comburenti: chimicamente un comburente è una sostanza che partecipa insieme al combustibile ad una reazione di combustione. Il principale comburente è l’ossigeno (simbolo chimico O), ciò spiega il cerchio alla base della fiamma. Alcuni comburenti sono dei solidi che decomponendosi liberano ossigeno (ad esempio il salnitro della polvere da sparo). Evidentemente va evitato il contatto e lo stoccaggio nel medesimo ambiente di combustibili e comburenti. Anche in questo caso non ci sono sostanziali differenze tra il vecchio ed il nuovo pittogramma
Gas compressi: si tratta di un nuovo pittogramma che è destinato a tutti quei recipienti che contengono gas sotto pressione indipendentemente dalla loro natura chimica. Ricordiamoci che in un recipiente che contiene aria compressa a 100 atm ogni centimetro quadrato è soggetto alla forza di 100 kg. I recipienti sotto pressione non vanno scaldati e vanno maneggiati con cura onde evitare la rottura di valvole o la formazione di fori che avrebbero effetti deleteri.
Sostanze tossiche: si tratta di sostanze potenzialmente mortali a piccole dosi. La pericolosità di una sostanza viene determinata attraverso la dose letale media (DL50), un parametro che individua la quantità della sostanza che provoca la morte della metà delle cavie sottoposte al test. Minore è la DL50 maggiore è la pericolosità. La nuova normativa distingue tra sostanze tossiche a breve termine (esempio cianuro di potassio) e sostanze con tossicità a lungo termine (esempio amianto).
Sostanze nocive o irritanti (rischio generico): si tratta di sostanze pericolose che hanno però DL50 più alta di quella stabilita per essere considerate tossiche. La nuova normativa non opera una distinzione tra queste sostanze indicandole tutte con un punto esclamativo, la vecchia normativa , invece, pur usando lo stesso simbolo base (croce di sant’Andrea) distingueva tra sostanze nocive (Xn) e sostanze irritanti (Xi).
In sostanza ci si riferiva a sostanze nocive in termine di inalazione, ingestione (effetti dovuti alla loro assimilazione), mentre a sostanze irritanti in relazione a fenomeni di arrossamento della pelle o sensibilizzazione delle vie respiratorie.
Sostanze corrosive: Possiamo , in maniera approssimata, definire una sostanza corrosiva come una sostanza particolarmente irritante. Ossia una sostanza che può provocare danni alla pelle, occhi, etc anche in piccole quantità. Non ci sono particolari differenze tra il nuovo ed il vecchio pittogramma.
Sostanze pericolose per l’ambiente: sostanze che devono essere smaltite in appositi impianti e che non devono essere disperse nell’ambiente (neanche i recipienti che le contenevano) onde evitare danni a piante, animali e corsi d’acqua.
I pittogrammi per la loro natura e per il loro limitato numero, danno solo una indicazione minimale sui rischi legati all’impiego di una particolare sostanze.
Per questo motivo sono integrati da altri sistemi che specificano meglio i comportamenti da seguire quando si maneggiano le sostanze interessate.
FRASI DI SICUREZZA E D I RISCHIO
Le frasi di rischio e di sicurezza svolgono l’importante ruolo di specificare la natura del rischio indicata dal pittogramma e suggerire norme comportamentali atte ad evitare che il rischio si manifesti.
Ad esempio una tipica frase di rischio potrebbe essere:
“Sostanza altamente infiammabile”
Mentre una frase di sicurezza associata a questa frase di rischio potrebbe essere:
“tenere lontano da fonti di calore”
Molto spesso lo spazio disponibile nelle etichette non è molto, inoltre i prodotti chimici vengono venduti in tutto il mondo per cui si renderebbe necessario scrivere innumerevoli volte le stesse frasi in moltissime lingue.
Per risolvere queste problematiche si sono ideate delle frasi di rischio e di sicurezza codificate.
Ad esempio al posto di scrivere “Sostanza altamente infiammabile” posso indicare la seguente sigla: R11 ed al posto di scrivere “tenere lontano da fonti di calore” la sigla: S15
I vantaggi sono evidenti, oltre ad occupare molto meno spazio sull’etichetta, una qualsiasi persona nel mondo può consultare la tabella codificata nella sua lingua e capire il significato di R11 e S15.
E’ da notare come la frase di rischio sia preceduta dalla lettera R, mentre quella di sicurezza dalla lettera S.
Come abbiamo già accennato è in corso la riconversione delle frasi di rischio e di sicurezza (sostituzione delle tabelle) che andrà terminata entro il 2017.
Nella nuova normativa le frasi di rischio diventano frasi H (dall’inglese Hazard = pericolo),
mentre le frasi S diventano frasi P (dall’inglese Precautionaly = precauzione)
Sia le frasi H che quelle P sono poi seguite da tre numeri, nei laboratori e su internet è facile trovare l’elenco di tutte queste frasi.
SCHEDE DI SICUREZZA
La scheda di sicurezza è un documento a sé stante, che non è quindi parte della etichetta (come i pittogrammi e le frasi di rischio o di sicurezza), di fondamentale importanza per la sicurezza.
Si tratta di un documento abbastanza corposo (una dozzina di pagine) che deve essere dato dal venditore dei reagenti chimici e custodito dall’acquirente.
Nella scheda di sicurezza sono riportate tutte le informazioni utili per maneggiare senza rischi un determinato prodotto e anche tutte le indicazioni di primo intervento in caso di contatto con quel determinato reattivo.
Ogni moderna scheda di sicurezza presenta le seguenti 16 sezioni:
SEZIONE 1: Identificazione della sostanza o della miscela e della società/impresa
SEZIONE 2: Identificazione dei pericoli
SEZIONE 3: Composizione/informazioni sugli ingredienti
SEZIONE 4: Misure di primo soccorso
SEZIONE 5: Misure antincendio
SEZIONE 6: Misure in caso di rilascio accidentale
SEZIONE 7: Manipolazione e immagazzinamento
SEZIONE 8: Controllo dell’esposizione/protezione individuale
SEZIONE 9: Proprietà fisiche e chimiche
SEZIONE 10: Stabilità e reattività
SEZIONE 11: Informazioni tossicologiche
SEZIONE 12: Informazioni ecologiche
SEZIONE 13: Considerazioni sullo smaltimento
SEZIONE 14: Informazioni sul trasporto
SEZIONE 15: Informazioni sulla regolamentazione
SEZIONE 16: Altre informazioni
Allegato: scenario d’esposizione
E’ sempre opportuno consultare una scheda di sicurezza prima di manipolare per la prima volta un certo reattivo, è obbligatorio detenere la scheda di sicurezza nell’ambiente in cui si usa il reattivo e fornire al personale medico la scheda di sicurezza in caso la sostanza in questione abbia provocato dei danni ad un operatore.
Norme generali di sicurezza e di primo soccorso
- Non giocare, correre, gettare oggetti (anche piccoli) nel laboratorio di chimica
- Non bere e mangiare in laboratorio
- Lavarsi sempre le mani al termine della lezione
- Accertarsi che i rubinetti dell’acqua e del gas siano chiusi al termine della lezione
- Non lasciare mai incustodito qualche cosa sul fuoco
- Indossare i DPI prescritti dall’insegnante e quando indicato la cappa di aspirazione.
- Chi ha i capelli lunghi li raccolga onde evitare si avvicinino a fiamme libere.
- Utilizzare la vetreria e gli strumenti come prescritto dall’insegnante.
- In caso si venga a contatto con una sostanza lavarsi immediatamente la parte interessata (per gli occhi usare il lavaocchi)
- Levarsi immediatamente il camice se si bagna con un reattivo
- Un reattivo concentrato può comportarsi come l’olio bollente (vaporizzando rapidamente l’acqua con cui va a contatto) per cui in caso di diluizione aggiungere sempre il reattivo a molta acqua e mai poca acqua al reattivo.
- In caso di incidente con feriti per prima cosa chiamare il 118.
- In caso di rischio di presenza di sostanze tossiche gassose non avvicinarsi a persone che hanno perduto i sensi , ma cercare di aerare il locale e se non è possibile allontanarsi rapidamente.
- Non usare l’acqua per spegnere incendi su apparati elettrici o dovuti a reazioni chimiche
- Solo se si ha una buona conoscenza della sostanza interessata e solo dopo avere chiamato il 118 sono in genere valide le seguenti considerazioni:
– Se la sostanza ingerita è solo tossica (esempio medicinale) è di norma utile fare vomitare l’interessato in quanto maggiore è il tempo di permanenza di quella sostanza nell’organismo peggio è.
– Se la sostanza ingerita è corrosiva (acido o basica) è di norma controindicato fare vomitare l’interessato in quanto il tratto maggiormente soggetto all’azione caustica di queste sostanze è l’esofago (lo stomaco contiene acido cloridrico), per cui si farebbe passare due volte il reattivo lungo questo tratto moltiplicando i danni. Può essere utile somministrare una sostanza neutralizzante quella più comunemente reperibile è il bicarbonato di sodio sciolto in acqua.
Altre norme di comportamento vengono descritte nella figura sottostate:
La vetreria del laboratorio
Con il termine vetreria intendiamo l’insieme di tutti gli oggetti che si trovano nel laboratorio.
Il vetro è stato infatti per molto tempo il principale materiale con cui gli alchimisti prima ed i chimici in seguito costruivano le loro apparecchiature.
Oggi in laboratorio troviamo anche una grande quantità di oggetti in plastica ed in altri materiali.
Da l punto di vista del loro utilizzo gli oggetti del laboratorio di chimica possono essere divisi in due categorie:
– Strumenti di misura (bilance, burette, pipette etc)
– Materiale d’uso (becher, beute, bunsen etc.)
Gli oggetti del laboratorio chimico sono quasi tutti molto costosi (specie gli strumenti di misura) e delicati per cui oltre a seguire tutte le norme di sicurezza un chimico deve seguire delle prassi idonee ad evitare rotture e danni alle attrezzature.
Vediamo alcune regole generali:
– Gli strumenti di misura non vanno mai scaldati; non solo perché si danneggiano, ma anche perché in genere sono tarati alla temperatura ambiente. Un riscaldamento o un raffreddamento provocando la dilatazione del materiale provoca un errore nella lettura strumentale.
– Gli oggetti in plastica non vanno mai sul fuoco, regola abbastanza ovvia che è però meglio ricordare.
– Gli oggetti in vetro (non strumenti di misura), possono essere messi sul fuoco solo se sono rispettate le seguenti condizioni:
- Sono di vetro borosilicato (PIREX)
- Sono riempiti con un liquido(non infiammabile) per un volume compreso tra 1/4 e 3/4 della loro portata
- Se tra la fiamma libera e la loro base è stata messa una reticellaspargi fiamma
- Non vengono tappatimentre è in corso il riscaldamento.
E’ infatti opportuno che il vetro sia in grado di resistere al calore e che ci sia sempre un po’ di liquido onde evitare un surriscaldamento del vetro . Se la fiamma colpisce il vetro in un solo punto ed il calore non viene distribuito in modo uniforme su tutta la superficie si creano delle tensioni che determinano la rottura del contenitore.
– Gli oggetti in ceramica possono essere usati per “portare a secco” (eliminare tutta l’acqua per riscaldamento) una certa soluzione
– Gli oggetti di metallo possono in genere essere riscaldati, ma ricordarsi che rimangono caldi per lungo tempo e possono quindi provocare gravi ustioni.
Facciamo ora una rapida carrellata dei principali oggetti presenti in un laboratorio chimico vedendone le caratteristiche, il nome e le modalità del loro utilizzo.
MATERIALE D’USO IN VETRO PIREX
Per questi oggetti valgono le regole generali d’uso del materiale in vetro pirex, in questa categoria troviamo:
– BECHER
– BEUTA
– PALLONE (AMPOLLA)
Per tutti gli oggetti sono disponibili portate che vanno dai pochi mL a quantitativi dell’ordine dei litri, poiché le indicazioni del volume sono approssimative non possono essere considerati strumenti di misura.
Appare logico porsi la domanda come ci siano tre oggetti diversi che servono in pratica per le stesse cose.
Sebbene siano in gran parte intercambiabili nel loro utilizzo possiamo dire che:
– Il becher è indicato quando si voglia fare evaporare con una certa rapidità un liquido in fase di riscaldamento
– La beuta viceversa è indicata quando non si vuole fare evaporare rapidamente un liquido, inoltra la sua forma protegge dagli schizzi ed è indicata ad essere tappata (dopo il riscaldamento) per diventare un contenitore
– Il pallone di vetro con il suo fondo concavo è adatta ad essere usato insieme ad altri oggetti di vetro in strutture più complesse (esempio distillatori). Infatti il fondo concavo inserito in un apposito sostegno ad anello consente una inclinazione non solo perpendicolare.
E’ particolarmente adatto anche per riscaldare sostanze infiammabili in riscaldatori elettrici a fondo concavo.
Un discorso a parte va fatto per la beuta codata (beuta per il vuoto), questo apparecchio infatti non serve per il riscaldamento, ma viene usato in abbinamento con un apposito filtro in ceramica (Buchner) e con una pompa per il vuoto per fare un particolare tipo di filtrazioni (filtrazioni sotto vuoto).
MATERIALE D’USO IN CERAMICA
I principali materiali in ceramica che si trovano in laboratorio sono :
– Capsule di porcellana
– Crogioli
– Mortai con pestelli
Mentre i primi due sono destinati al riscaldamento , il mortaio con il pestello serve unicamente a sminuzzare i solidi.
La resistenza termica della porcellana consente di usare le capsule per allontanare tutto il liquido contenuto in una soluzione (essiccare). In genere prima si opera con un becher in modo da ridurre il volume, poi si completa l’operazione in una capsula eventualmente mettendola in stufa a 120 °C.
I crogioli di porcellana servono in genere per una operazione chiamata calcinazione che consiste nel riscaldare una sostanza solida fino a temperature che possono raggiungere i 1400°C.
In questo modo tutta la sostanza organica si allontana sottoforma di anidride carbonica e restano solo le ceneri.
Questo riscaldamento può essere condotto in apposite stufe , chiamate muffole, o con l’ausilio del fornello (Bunsen); in questo caso si usa un apposito sostegno chiamato triangolo di refrattario.
MATERIALE D’USO PER IL PRELIEVO DI SOLIDI E MESCOLAMENTO
Per il prelievo di materiale solido vengono in genere utilizzate le spatole. Si tratta d i strumenti a volte molto simili a cucchiai che possono essere fatti in metallo o in plastica.
Utilizzare una spatola per ogni sostanza onde evitare contaminazioni dei reattivi, inoltre ricordarsi che le spatole non devono essere usate per mescolare dei liquidi in quanto potrebbero corrodersi o inquinare i reattivi che saranno prelevati in seguito.
L’operazione di mescolamento viene condotta con delle bacchette di vetro.
In genere una bacchetta deve “accompagnare” un becher o una beuta fino alla fine della lezione.
Appoggiare una bacchetta bagnata sul piano di lavoro significa infatti:
– sporcare il bancone con una sostanza potenzialmente nociva
– perdere del materiale e quindi commettere un errore nella analisi
– quando si riprende la bacchetta correre il rischio di afferrarla dalla parte che era stata in precedenza immersa e quindi venire a contatto con una sostanza potenzialmente nociva
FARE SEMPRE ATTENZIONE CHE LE BACCHETTE DI VETRO SIANO INTEGRE E PRIVE DI PARTI TAGLIENTI
MATERIALE D’USO PER IL RISCALDAMENTO
Lo strumento principale per riscaldare in laboratorio è il becco bunsen (chiamato in genere semplicemente bunsen).
Si tratta di un fornello che consente oltre alla regolazione del flusso del gas una regolazione dell’aria .
In pratica con il bunsen agendo sul “collare” potremo ottenere due tipi principali di fiamma:
– La fiamma riducente, ottenuta chiudendo la valvola dell’aria (poca aria)
– La fiamma ossidante, ottenuta aprendo la valvola dell’aria (molta aria)
NON confondere la fiamma ossidante del bunsen con la fiamma ossidrica, quest’ultima si ottiene infatti con un altro tipo di combustibile (acetilene) , mentre il bunsen utilizza il metano (o al massimo il gpl)
Le caratteristiche della fiamma ossidante e di quella riducente sono molto diverse (vedi figura).
La fiamma ossidante infatti ha:
– una temperatura non omogenea con una parte esterna che supera i 1100°C ed una interna praticamente fredda.
– È praticamente incolore
– Non lascia residui carboniosi
La fiamma riducente invece ha:
– Una temperatura omogenea di circa 600°C
– Un colore giallognolo
– Lascia residui carboniosi
Per le loro caratteristiche in laboratorio si utilizzerà praticamente sempre la fiamma ossidante, salvo in fase di accensione (troppa aria a freddo rende difficile accendere il bunsen) e quando non si sta scaldando nulla ma il bunsen è acceso (in questo modo la fiamma è ben visibile)
In abbinamento al bunsen viene usato un treppiede e una reticella ceramicata (spargifiamma).
Ricordarsi che il treppiede mantiene a lungo il calore quindi NON AFFERRARLO MAI dalla parte superiore onde evitare scottature
Per scaldare le sostanze infiammabili si ricorre a piastre elettriche, mentre i solidi possono essere scaldati in stufe (fino a 200°C) o in muffole (temperature anche sopra i 1000°C)
PROVETTE
Le provette sono degli strumenti moltoversatili che sono utilizzati in laboratorio, vi sono due tipi di provette:
– provette da saggio
– provette da centrifuga (coniche)
le prime possono essere riscaldate utilizzando in adeguato modo la pinza di legno (vedi figura), le seconde vengono esclusivamente utilizzate per centrifugare.
Il riscaldamento delle provette da saggio deve avvenire tenendo la provetta inclinata a circa 60° (con l’apertura indirizzata dove non c’è nessuno).
La pinza di legno non deve essere sulla fiamma del bunsen.
Il riscaldamento deve durare pochi attimi, appena si sente che il liquido inizia a bollire la provetta va allontanata dal fuoco.
Lo scopo di questo riscaldamento è infatti solo quello di attivare una reazione, se essa non si avvia dopo un paio di fasi di riscaldamento significa che manca un reagente fondamentale per quella specifica reazione.
STRUMENTI DI MISURA IN VETRO
Gli strumenti di misura in vetro possono essere distinti in due grandi categorie;:
– strumenti graduati
– strumenti tarati
Gli strumenti graduati consentono di prendere un qualsiasi volume misurabile entro la portata dello strumento stesso, negli strumenti tarati invece l’unico volume misurabile è quello della portata dello strumento (sono utilizzati soprattutto quando si fanno operazioni ripetitive o quando si utilizzano sempre gli stessi volumi).
Ricordiamo che ogni strumento ha delle caratteristiche fondamentali quali :
– portata: valore massimo misurabile
– sensibilità: più piccolo incremento registrabile dallo strumento
– affidabilità: scostamento dal valore vero
Il costo di uno strumento è strettamente legato a queste caratteristiche.
Gli strumenti di misura in vetro più frequenti in laboratorio sono
– cilindro graduato (strumento graduato)
– pipette (graduate o tarate)
– matracci tarati (strumenti tarati)
– burette (strumento graduato)
Aspetti generali legati all’utilizzo degli strumenti di misura in vetro
Quando si fa una lettura di volume in uno strumento di vetro bisogna tenere presente che l’acqua (e altri liquidi) in un recipiente con pareti strette non formano un piano orizzontale, ma una concavità che nel caso dell’acqua è rivolta verso il basso (nel mercurio è rivolta verso l’alto).
Questa concavità viene chiamata menisco, per cui si dice che l’acqua fa un menisco inferiore, mentre il mercurio un menisco superiore.
Per convenzione la lettura va sempre fatta tangente al menisco (vedi figura)
Fare sempre la lettura con l’occhio a lo stesso livello del liquido altrimenti si corre il rischio di fare il cosiddetto errore di parallasse.
Negli strumenti graduati un tipico errore compiuto dagli studenti in fase di lettura della misura e la valutazione del valore delle tacche e la mancanza di considerazione della posizione dello zero.
Va infatti ricordato che mentre gli strumenti che si svuotano dalla parte superiore (esempio il cilindro graduato) hanno lo zero in basso, quelli che si scaricano dalla parte inferiore (pipette, burette) hanno lo zero in alto.
Una lettura di questo tipo sarà quindi
Maggiore di 13 se lo strumento è un cilindro graduato (0 in basso), minore di 13 in una buretta (0 in alto)
Ecco quindi come procedere per fare delle letture corrette.
- Cercare i due valori numerici scritti in chiaro che precedono e seguono il livello del liquido nella figura seguente ad esempio 12 mL e 13 mL e fare la differenza tra i due valori che in questo caso sarà 1mL.
- Contare il numero di tacche tra i due valori numerici (in questo caso 5 tacche) e stabilire il valore di ogni tacca dividendo la differenza trovata nel punto precedente (1mL) per il numero di tacche ritrovate: 1mL : 5 = 0,2 mL x tacca
- Partendo dal valore numerico più basso (12 mL ) contare a quante tacche si posiziona il volume (in questo caso 3 tacche).
Eseguire la seguente operazione:
valore numerico più basso + (numero tacche lettura x valore di una tacca)
12mL + (3 tacche X 0,2 mL/tacca) = 12,6 mL
Provare a fare le letture del volume delle due figure sotto riportate
Fig A = 21,4 mL Fig B = 21,6 mL
Aspetti specifici relativi agli usi degli strumenti di misura di vetro
Cilindri graduati: Vanno usati solo quando non è richiesta una grande precisione nelle analisi.
Pipette: entrambi i tipi di pipette (tarate e graduate) vanno sempre usate con un pro pipetta (oggetto che consente l’aspirazione dei liquidi).
Ci sono in commercio vari tipi di propipetta, i tipi più comuni sono a siringa o a bolla di gomma.
I propipetta a siringa non sono altro che dei pistoni che aspirano il liquido quelli di gomma invece hanno una forma particolare e il loro uso è indicato nella figura sottostante.
Nell’uso delle pipette tarate fare attenzione che se ne trovano di due tipi:
– A scarico completo (si deve azzerare il livello e poi svuotare la pipetta)
– A due tacche (il volume si misura tra la tacca superiore “zero” e quella inferiore.
Matracci o palloni tarati: Vengono utilizzati per preparare soluzioni a varie concentrazioni, il volume è indicato dalla tacca presente nella parte più stretta dello strumento.
Ricordarsi che se si supera il volume non è possibile eliminare il volume in eccesso, per cui è opportuno operare con molta cautela eventualmente aiutandosi con un contagocce quando ci si avvicina al volume finale.
Burette: Vengono usate con appositi sostegni a “ragno”, prima di utilizzarle vanno accuratamente pulite, l’ultimo lavaggio viene condotto con la stessa sostanza con cui andranno riempite (avvinamento).
Le burette hanno un sistema facilitato di lettura vedi figura sottostante.
Un errore che gli studenti commettono di frequente è quello di non assicurarsi durante la procedura di azzeramento che anche la parte sotto il rubinetto sia piena di liquido.