vedi anche pagine libro “trasformazioni e produzioni agroalimentari: capitolo 9

 

 

Caratteristiche e composizione del latte

Note generali e merceologiche

Per la Legislazione italiana il latte rappresenta: “il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare, completa ed ininterrotta di animali mammiferi in buono stato di salute e nutrizione”, quando non è specificato come latte si intende esclusivamente il latte vaccino.

Latti ottenuti da altre specie animali devono presentare l’indicazione della specie di provenienza (ad esempio latte caprino, latte ovino etc).

La regolarità e completezza della mungitura contribuiscono a mantenere la lattopoiesi ed a evitare ritenzioni nella mammella dell’animale con conseguenti rischi sanitari.

Dal punto di vista fisico il latte è un sistema molto complesso, esso, infatti, è nello stesso tempo:

  •           una soluzione (ad esempio zuccheri e sali minerali disciolti)
  •           una sospensione colloidale (prevalentemente di natura proteica)
  •           una emulsione (di globuli di grasso)

Vista la complessità del sistema non dobbiamo stupirci che esso risulti instabile, con il passare del tempo, infatti si osserva:

  1. l’affioramento della materia grassa
  2. l’aggregazione delle particelle colloidali con conseguente formazione di una frazione liquida (siero) e di un deposito solido (coagulo).

Il latte, inoltre, è caratterizzato da un’alta viscosità (quindi aderenza ai contenitori) e da una bassa tensione superficiale (quindi formazione di schiuma) fattori che danno problemi in fase di lavorazione.

La produzione del latte da parte dei mammiferi inizia dopo il parto a seguito dell’azione di ormoni.

Il latte prodotto i primi giorni ha una composizione chimica differente rispetto a quello prodotto nei periodi successivi e prende il nome di colostro.

Il colostro è particolarmente ricco di immunoglobuline (anticorpi) ed esercita una azione protettiva per il neonato.

Lo stimolo della suzione (o della mungitura) attiva un ormone (l’ossitocina) che contribuisce alla produzione del latte.

Una errata stimolazione dei capezzoli, innervosendo l’animale, da luogo alla produzione di adrenalina che blocca o riduce sensibilmente la produzione del latte.

In relazione al suo contenuto di materia grassa il latte può essere commercializzato come:

– Latte intero, contenuto in materia grassa superiore al 3,5 % (norme CEE possono consentire deroghe in alcuni Paesi consentendo la commercializzazione come latte intero con contenuto superiore al 3,2%)

– Latte parzialmente scremato, materia grassa compresa tra 1,5 e 1,8%

– Latte scremato, materia grassa inferiore a 0,5%

Dal punto di vista dei trattamenti temici di conservazione il latte può essere classificato dal punto di vista merceologico in tra grandi categorie:

  • latte crudo (latte appena munto che non ha subito trattamenti termici)
  • latte fresco (latte che ha subito un trattamento di pastorizzazione)
  • latte sterilizzato (latte che ha subito un trattamento di sterilizzazione)

Latte crudo

La normativa sulla commercializzazione di questo tipo di latte è stata aggiornata di recente e prevede che questo tipo di latte possa essere venduto solo in modo dall’azienda al consumatore finale.

Per tale tipo di prodotto esistono requisiti igienici ferrici per stalle, carica batterica, personale addetto etc).

Il prodotto deve essere venduto con l’indicazione di “latte crudo non pastorizzato” e l’indicazione di “prodotto da consumarsi dopo bollitura”

Latte fresco pastorizzato

Il termine latte fresco è da riservare ad un prodotto che sia stato sottoposto ad un trattamento termico di pastorizzazione (eliminazione della microflora patogena) in impianti autorizzati.

Il trattamento termico deve essere condotto entro 48 ore dalla mungitura.

Una volta confezionato deve mantenere la catena del freddo (T° < 4°C) ed ha una scadenza di 6 giorni.

Per questa tipologia di prodotto possiamo trovare in commercio due sottocategorie:

–      latte fresco pastorizzato di alta qualità; si tratta di un prodotto che deve avere dei requisiti di composizione e igienico-sanitari specifici, ad esempio un contenuto in sostanze proteiche non inferiore a 32 g/litro, una carica batterica a 30°C inferiore a 100000, una tenore di acido lattico inferiore a 30 mg/l, etc. La conservabilità di questo prodotto è sempre di 6 giorni.

–      latte fresco pastorizzato microfiltrato; è un latte che prima di essere pastorizzato ha subito una microfiltrazione. Si tratta di una operazione che consiste nel filtrare il prodotto con membrane aventi pori dell’ordine di 1,5-2 mm; la riduzione della carica microbica dovuta a questo trattamento consente un trattamento di pastorizzazione meno energico e una maggiore conservabilità del prodotto che arriva a 10 giorni

Latte sterilizzato

Il trattamento di sterilizzazione è un trattamento termico condotto in impianti autorizzati, mirato all’eliminazione microorganismi o spore in grado di svilupparsi nel prodotto trattato.

Da un punto di vista merceologico distinguiamo:

–      latte sterilizzato ad alta conservazione; si tratta di latte sterilizzato nel suo contenitore in autoclave (sterilizzazione in bottiglia). Ha una conservabilità di 6 mesi

–      latte UHT, si tratta di un latte che ha subito un trattamento di sterilizzazione ad alte temperature per tempi brevi. Ha una conservabilità di 3 mesi

Il latte vaccino

Il latte è un prodotto derivante dalla selezione naturale e risulta pertanto specie-specifico.

In altre parole ogni specie animale produce un latte la cui composizione è assolutamente funzionale a risolvere le esigenze nutritive per l’accrescimento di quella particolare specie.

Non deve quindi stupire che i latti di animali diversi presentino composizione chimica e nutrizionale differente.

In termini del tutto generali possiamo osservare che gli animali che nei primi periodi di vita mostrano un accrescimento molto rapido hanno un latte con un contenuto proteico piuttosto elevato, mentre i latti di animali che vivono in climi o acque fredde hanno un elevato contenuto in lipidi.

L’uomo che presenta un accrescimento fisico molto lento produce un latte molto povero in termini proteici.

Il latte di vacca non è assolutamente idoneo a sostituire il latte umano soprattutto a causa del suo elevato contenuto di caseina.

Per “umanizzare” il latte di vacca la prima operazione da fare è quella di diluirlo almeno in un rapporto 1:3, proprio per ridurre e portare a valori accettabili il contenuto proteico.

I nutrizionisti sconsigliano comunque l’uso del latte vaccino per i bambini inferiori ad un anno di età.

La composizione chimica del latte vaccino è praticamente la seguente:

            –      acqua ≈ 86%

            –      proteine ≈ 3,5 % con predominanza caseina

            –      carboidrati ≈ 5 % (quasi tutto lattosio)

            –      grassi ≈ 3,5 %

            –      sali minerali ≈ 2 %

Contenuto calorico circa 64Kcal/100ml.

La composizione del latte può subire variazioni in funzione della razza bovina, alla sua alimentazione ed alle condizioni di salute dell’animale.

Oltre ai costituenti principali (macrocostituenti), nel latte troviamo

            –      sostanze azotate non proteiche (aminoacidi, ac. nucleici, ac urico …)

            –      sostanze colorate (carotenoidi, lattoflavine)

            –      Vitamine (A, B, C, D, E) sia idro che liposolubili

            –      Cellule somatiche

            –      Microrganismi

La composizione chimica così descritta non rende però giustizia all’importanza biologico nutrizionale del latte per cui passiamo ad approfondire i vari costituenti.

I Carboidrati del latte

Sono rappresentati pressoché totalmente dal lattosio (circa 5%), altri zuccheri sono importanti in quanto legati alla k caseina, ma presenti in quantità estremamente basse.

Il lattosio ha un potere dolcificante e una solubilità di circa 1/10 rispetto a quella del saccarosio.

L’importanza biologica del lattosio è legata al suo contenuto di galattosio che entra nella biosintesi del tessuto del sistema nervoso centrale.

Nel latte il lattosio è inoltre il principale substrato su cui si sviluppano i microrganismi che possono condurre:

– fermentazioni omolattiche (conversione lattosio in acido lattico)

– fermentazioni eterolattiche (conversione lattosio in acido lattico e altri prodotti)

Il lattosio di può ottenere per essiccamento del siero di latte e rappresenta un importante sottoprodotto della industria casearia.

I lipidi del latte

Il contenuto di lipidi nel latte è alla base di una  importante classificazione merceologica (latte intero, parzialmente scremato e scremato, vedi note inizio capitolo) ed è sensibile al tipo di alimentazione e allo stato di salute dell’animale.

I trigliceridi del latte sono contenuti in globuli di grasso presenti sottoforma di emulsione.

I globuli sono costituiti da una membrana fosfolipidica che ricopre i trigliceridi.

La composizione in acidi grassi del latte è generalmente di questo tipo:

– acido oleico (C18 monoinsaturo) superiore 20%

– acido palmitico (C16 saturo) superiore 20%

– acido stearico (C18 saturo) circa 10%

– acido miristico (C14 saturo) circa 10%

– acido butirrico (C4 saturo) 3-5 %

– altri acidi grassi saturi a basso peso molecolare circa 6%

Si ha quindi una prevalenza di acidi grassi saturi C16 e C18 ed una sensibile presenza di acidi grassi  a basso peso molecolare, ciò spiega:

  • lo stato solido del burro  (acidi grassi saturi hanno elevato punto di fusione)
  • la tendenza all’emanazione di cattivi odori in caso di irrancidimento idrolitico (gli acidi grassi a basso peso molecolare sono puzzolenti)

Nella membrana fosfolipidica si trovano enzimi lipolitici e agglutine, con il tempo i globuli si riuniscono e il grasso affiora.

Per evitare l’affioramento del grasso in genere si ricorre alla omogeneizzazione che consiste nel sottoporre il latte al passaggio ad alta pressione attraverso ugelli con conseguente rapida espansione del liquido.

La brusca variazione di pressione del processo di omogeneizzazione determina l’esplosione dei globuli di grasso con conseguente riduzione delle loro dimensioni a valori inferiori ad 1 micrometro.

A seguito di questo trattamento il latte diventa anche più cremoso al gusto, ma meno conservabile a seguito della liberazione degli enzimi lipolitici precedentemente contenuti all’interno delle membrane.

 

Le proteine del latte

Nel latte troviamo proteine di natura colloidale (caseine) e proteine sieriche (albumine e globuline), oltre ad una frazione azotata non proteica.

La composizione della frazione proteica, essendo determinata da fattori genetici,  non risulta particolarmente influenzata dalla dieta e risulta di alto valore biologico in quanto ricca di aminoacidi essenziali.

Caseina:

La caseina è un aggregato di proteine fosforilate in cui troviamo diverse frazioni (alfa, beta, gamma e K), tra di esse predominano la alfa e la beta, le quali sono sensibili (precipitano) alla presenza di ioni di calcio.

La fosforilazione avviene per reazione di esterificazione tra l’acido ortofosforico e il gruppo alcolico dell’aminoacido serina.

Nel latte le frazioni caseiniche sono unite da legami ad idrogeno o da interazioni tra i gruppi fosforilati.

Le caseine formano micelle colloidali che sono mantenute in dispersione grazie all’azione della K caseina.

La K caseina, oltre a non essere sensibile all’azione del calcio contiene, infatti, dei residui glicoproteici con caratteristiche idrofile che garantiscono l’idratazione delle micelle e la loro dispersione.

Per azione di particolari enzimi (chimosina o rennina) presenti soprattutto a livello del quarto stomaco dei ruminanti lattanti la K caseina si rompe in due frazioni peptidiche è perde le sue funzioni colloidi protettrici.

Altra caratteristica della caseina del latte è il suo carattere abbastanza

Affinchè le micelle rimangano in stato disperso oltre alla presenza della K caseina integra e necessario un appropriato valore di pH.

A pH molto bassi le caseine tendono a mineralizzare (mandano in soluzione soprattutto calcio e fosforo) si disgregano e quindi flocculano.

Riassumendo la coagulazione/flocculazione della caseina, che è alla base della produzione dei formaggi, può avvenire per due motivi:

1) Coagulazione Presamica per azione enzimatica, rottura della K caseina, perdita della sua funzione colloido protettiva e precipitazione per azione di ioni calcio sottoforma di paracaseinato di calcio.  Il coagulo ottenuto avente caratteristiche plastiche e consistenti tende a spurgare il siero lentamente (sineresi del coagulo).

2) Coagulazione Acida, quanto il pH diventa inferiore al punto isoelettrico della caseina (4,5) si formano dei flocculi di scarsa consistenza e aggregazione.

Proteine sieriche:

Le proteine sieriche (presenti nel siero del latte) sono costituite principalmente da alfa latto albumina e beta latto globulina.

Si tratta di proteine con pH isoelettrico piuttosto elevato (circa 6) che hanno scarsa tendenza a precipitare a seguito di variazione di pH, ma che sono sensibili al calore (precipitano intorno agli 80 °C).

E’ importante segnalare che la beta lattoglobulina per riscaldamento tende a legarsi con la K caseina impedendo la cagliatura, per questo motivo i latti sterilizzati non sono idonei alla produzione di formaggi.

La ricotta, che non può essere definito un formaggio, viene ottenuta proprio attraverso la precipitazione (a seguito di riscaldamento) e conseguente separazione delle proteine sieriche (il siero privato delle proteine prende il nome di latticello).

Proprio per la loro sensibilità al calore il contenuto di proteine sieriche non denaturate dal calore viene utilizzato come indice del trattamento termico subito dal latte.

Nei latti pastorizzati il contenuto di proteine sieriche non denaturate deve essere di almeno il 14,5% delle proteine totali, questo valore sale al 15,5% per i latti di “alta qualità”.

 

Gli enzimi del latte

Sebbene in termini quantitativi rappresentino una quantità trascurabile rispetto alla totalità della frazione proteica, gli enzimi del latte giocano importanti ruoli soprattutto in relazione alla conservazione di questo prodotto.

Gli enzimi nel latte si trovano localizzati soprattutto a livello delle membrane dei globuli di grasso, associati alla caseina o dispersi nel siero.

A seconda della loro resistenza al calore possono essere classificati in termolabili, mediamente termoresistenti e termoresisitenti.

Queste caratteristiche vengono sfruttate anche per riconoscere il trattamento termico a cui è stato sottoposto il latte (l’assenza di enzimi termoresistenti indica ad esempio l’esecuzione di trattamenti di sterilizzazione termica).

Dal punto di vista pratico gli enzimi che ci interessano di più sono quelli ossidoriduttori e quelli idrolitici, in quanto risultato implicati in processi alterativi a carico del latte.

Vediamone alcuni tra i principali

Perossidasi (ossidoriduttivo)

Reazione catalizzata: scinde l’acqua ossigenata in acqua e ossigeno

Funzione: antimicrobica (contro anaerobi)

Resistenza termica: denatura a 80 °C (presente nel latte pastorizzato, assente nel latte sterilizzato)

  • Lipasi (idrolitico)

Reazione catalizzata: idrolisi lipidi in glicerolo e acidi grassi

Funzione: negativa provoca irrancidimento

Resistenza termica: denatura a 70 °C , ma l’azione isolante del grasso ne determina una resistenza termica effettiva molto maggiore

  • Fosfatasi (idrolitico)

Reazione catalizzata: scinde i derivati fosforilati

Funzione : negativa provoca fenomeni acidificazione

Resistenza termica: denatura a 70 °C (deve essere assente nel latte pastorizzato altrimenti significa che non si è raggiunta la temperatura minima di pastorizzazione)

Proteasi

Reazione catalizzata: scinde le proteine in amminoacidi (idrolitico)

Funzione : dannoso nel latte, anche funzionale nei formaggi

Resistenza termica: denatura a temperature elevate  (presente nel latte sterilizzato UHT assente nel latte sterilizzato in bottiglia).

 

I sali minerali del latte.

Il principale catione presente nel latte è il calcio, il quale come abbiamo già accennato gioca un importantissimo ruolo nel processo di coagulazione.

Il calcio si trova in equilibrio tra la fase colloidale e la fase liquida, ed è in genere in rapporto 1:1 con il contenuto di fosforo intorno a valori di 120 mg/l.

Analisi chimica del latte in funzione delle sue caratteristiche chimico fisiche.

Per il suo elevato valore economico il latte è stato ed è tuttora oggetto di diverse frodi commerciali.

Le analisi chimiche a carico del latte sono quindi mirate a stabilire due problematiche differenti:

  •           requisiti merceologici (proteine, grassi, lipidi)
  •           fenomeni di adulterazione (frodi commerciali)
  •           fenomeni di alterazione (stato di conservazione del prodotto)

In questa sede prenderemo in considerazione solo i primi due aspetti.

Determinazione del lattosio

Il lattosio è uno zucchero riducente ed otticamente attivo, i metodi analitici per la sua determinazione sfruttano queste caratteristiche:

Metodo polarimetrico: si determina il potere rotatorio del siero del latte che è in funzione del contenuto di lattosio.

Metodo riduttimetrico: si una il reattivo di Fehlig, una soluzione a base di sali di rame Cu++ che vengono ridotti a CuO dal lattosio. Anche questa determinazione viene condotta sul siero

Determinazione della sostanza grassa

Può essere condotta per estrazione con un apposito strumento.

Per estrazione si fa bollire in una struttura chiusa il latte appositamente trattato con una soluzione di etere. Si separa la frazione eterea, in cui si è raccolto il grasso, si allontana l’etere e si pesa.

Lo strumento utilizzato è, invece, il butirrometro di Gerber. In pratica si tratta di una provetta tarata in cui si mette il latte con acido solforico e alcool amilico.

La provetta viene riscaldata e messa in una centrifuga. Il grasso si deposita e si fa la determinazione semplicemente leggendone il volume nella provetta.

Determinazione delle sostanze proteiche

Si utilizza generalmente il Kjeldal (vedi analisi dei fertilizzanti). Tale determinazione viene condotta sul siero (proteine sieriche) e sul coagulo (caseina)

Determinazione della densità del latte

Il peso specifico del latte, che viene determinato o con speciali bilance o con appositi densimetri, deve avere un valore compreso tra 1,029 – 1,034.

Si tratta di un parametro analitico poco significativo in quanto lo si può mantenere costante annacquando il latte e scremandolo (doppia adulterazione).

Più significativa è la determinazione della densità del siero 1,027 che cala per annacquamento (aumenta per aggiunta di latte di capra).

Determinazione del punto crioscopico

Una soluzione abbassa il suo punto di congelamento in funzione della sua concentrazione.

Poichè il latte è un liquido biologico che deve avere particolari requisiti in termini di pressione osmotica e quindi di concentrazione di elettroliti esso deve possedere un punto di congelamento stabile.

L’abbassamento crioscopico del latte (siero) deve avere un valore di -0,53 °C, più si avvicina a 0°C più significa che è stato annacquato.

Determinazione del residuo secco magro

Si scalda a 102°C fino a peso costante (si è allontanata l’acqua) ottenendo il cosiddetto residuo magro, dal peso ottenuto si sottrae il contenuto in grassi per ottenere il residuo secco magro.

Più semplicemente si possono usare delle formule empiriche che in mettono in relazione la densità del latte o del siero con il residuo secco magro.

Questo valore, che caratterizza la specie mammifera, deve essere per il latte vaccino minimo 8,5%.

Determinazione delle ceneri

Se portiamo il residuo secco magro in muffola a 1100 °C si ottengono le ceneri.

Le ceneri nel latte sono circa (0,6- 0,8%), valori più elevati possono indicare l’aggiunta di sali correttori di acidità (ad esempio bicarbonato).

A tal fine molto importante è anche stabilire l’alcalinità delle ceneri.

Le ceneri ottenute da 100 ml di latte devono essere neutralizzate con meno di 1ml di HCl 1M, altrimenti significa che il latte è stato addizionato a bicarbonato per mascherare l’alterazione acida del prodotto.

Sulle ceneri si ricercano anche i cloruri.

Se il rapporto tra cloruri/lattosio . 100 è maggiore di 4 vuol dire che le mucche probabilmente avevano la mastite durante la mungitura.

Determinazione dell’acidità del latte

Si distingue l’acidità reale (pH), dall’acidità totale (determinata con titolazione).

Il pH del latte fresco è di norma 6,6 – 6,8

L’acidità totale viene determinata mediante titolazione con NaOH.

In Italia l’acidità totale si esprime in gradi Soxhlet (°SH), ossia in ml di NaOH 0,25N necessari per titolare al viraggio con fenolftaleina 100ml di latte.

Il latte fresco ha una acidita di 4-7 °SH

Il latte che coagula dopo riscaldamento >11°SH

Il latte che coagula spontaneamente >26°SH