vedi anche pagine libro “trasformazioni e produzioni agroalimentari: da 25 a 27 e da 33 a 36 e capitolo 4

Le alterazioni dei prodotti alimentari

Come alterazione intendiamo un processo che provoca una modifica negativa delle caratteristiche nutrizionali e/o organolettiche di un prodotto alimentare.

Tutti i prodotti alimentari in tempi più o meno variabili a seconda della loro natura o delle condizioni di conservazione sono destinati a subire processi alterativi i quali sono imputabili a:

  • agenti di carattere biologico (microorganismi, lieviti, muffe, insetti, animali)
  • agenti di carattere chimico fisico (enzimi, radiazioni, calore, umidità …)

Ovviamente gli enzimi possono essere fatti rientrare nelle due categorie.

I processi alterativi sono in agguato in tutte le fasi della filiera alimentare, dalla materia prima al prodotto finito e da sottolineare il fatto che una stessa trasformazione a carattere biologico può essere considerata una alterazione per alcuni prodotti alimentari, mentre per altri diventare addirittura una fase di produzione.

Ad esempio una fermentazione propionica (vedi avanti) è assolutamente deleteria per un prodotto quale il Parmigiano Reggiano, mentre diventa la caratteristica organolettica principale per il Groviera.

 Le alterazioni  a carattere biologico

Nella terminologia comune con il termine microrganismo si intende un insieme quelle che in realtà sono delle classi ben distinte di organismi:

>virus

>batteri

>lieviti

>muffe

>protozoi

Gli agenti microbiologici responsabili della maggior parte delle alterazioni alimentari sono i batteri, i lieviti e le muffe.

In termini generali, le alterazioni vengono distinte dalle infezioni o tossinfezioni alimentari.

Come abbiamo gia detto le alterazioni sono legate a trasformazioni nutrizionali e/o organolettiche del prodotto, ma esse non sempre sono necessariamente responsabili di malattie (basta pensare al vino che diventa aceto), viceversa molte delle infezioni e tossinfezioni alimentari non sono accompagnate da trasformazioni organolettiche del prodotto.

Per questo motivo le contaminazioni di virus  sono per lo più legate all’aspetto salutistico del prodotto, ma interessano marginalmente l’aspetto alterativo.

Ricordiamo la distinzione tra infezione e tossinfezione alimentare.

Si parla di infezione quando la patologia è causata dallo sviluppo numerico dei microrganismi all’interno dell’organismo che lo ospita, mentre si parla di tossinfezione quando il microrganismo ha prodotto delle tossine (che possono venire ingerite o rilasciate all’interno dell’organismo ospite).

Mentre il termine infezione è riservato alle contaminazioni microbiche, le contaminazioni di organismi superiori (dai protozoi in su) vengono in genere denominate infestazioni.

  

 Le Alterazioni a carattere chimico fisico

Facciamo rientrare in questa categoria anche le alterazioni enzimatiche, anche se come abbiamo visto gli enzimi hanno sempre una origine biologica.

Le cause principali delle alterazioni non propriamente microbiologiche sono sempre imputabili a diversi fattori che reagiscono direttamente o che originano reazioni chimiche tra i vari costituenti dell’alimento.

Tra questi agenti troviamo quindi:

  • enzimi
  • ossigeno
  • calore
  • acqua
  • radiazioni
  • sostanze chimiche che vengono a contatto con l’alimento

Per quanto riguarda gli enzimi, essi vengono in genere liberati negli alimenti da fenomeni di lisi cellulare che accompagnano la conservazione dell’alimento stesso.

L’azione chimica degli enzimi è stata già trattata nelle unità didattiche precedenti.

Il ruolo dell’ossigeno nei processi alterativi è ovviamente legato a fenomeni di ossidazione che esso provoca. Molto spesso questi fenomeni sono catalizzati dall’azione della luce o dell’umidità.

I fenomeni ossidativi verranno trattati più dettagliatamente in seguito.

Il calore oltre ad essere un agente accelerante per tutte le reazioni chimica e responsabile diretto di alcune trasformazioni come le reazioni di Maillard e la formazione di acroleina (vedi avanti).

L’acqua può agire sia come vero e proprio reattivo chimico, sia come agente che favorisce le reazioni che in un mezzo acquoso si manifestano in genere più rapidamente.

Ricordiamo inoltre il ruolo importantissimo dell’acqua sullo sviluppo microbico.

Essendo le radiazioni elettromagnetiche sostanzialmente una forma di energia, appare chiaro che esse possono influenzare e determinare diversi tipi di reazioni tanto da poter essere impiegate per alcune forme di cottura degli alimenti (vedi microonde) o di sterilizzazione. Abbiamo inoltre gia accennato al ruolo della luce come catalizzatore nelle reazioni di ossidazione.

Nella prima unità didattica di quest’anno abbiamo gia preso visione della natura dei materiali di imballaggio per le industrie alimentari in relazione a problematiche di contaminazione.

Va ricordato che la contaminazione degli alimenti con sostanze chimiche può colpire a tutti livelli della filiera produttiva (dai prodotti chimici usati in agricoltura alle posate che utilizziamo per nutrirci).

 

LA CHIMICA DEI PROCESSI ALTERATIVI

Passiamo ora a valutare in maniera più specifica la natura dei processi chimico biologici che caratterizzano le alterazioni.

Anche in questo caso distingueremo tra alterazioni a carattere biologico e alterazioni legate ad agenti prevalentemente fisici.

Il chimismo dei processi alterativi biologici

Abbiamo visto come i microrganismi possano essere classificati in aerobi, anaerobi facoltativi e anaerobi a seconda della loro capacità di utilizzare l’ossigeno. Ma quale è il ruolo dell’ossigeno nello sviluppo microbico?

La risposta a questa domanda è fondamentalmente legata al fatto che per ottenere energia le cellule devono in pratica fare avvenire una combustione delle sostanze organiche (fondamentalmente carboidrati, ma anche lipidi e proteine) che richiede un agente ossidante (comburente).

Essendo l’ossigeno il comburente più diffuso appare abbastanza ovvio che le cellule utilizzino questo gas come accettore di elettroni (il combustibile si ossida, il comburente si riduce, l’ossidazione equivale ad una perdita di elettroni, mentre la riduzione ad un acquisto di elettroni).

L’energia che le cellule ottengono da questa reazione “spontanea” verrà poi impiegata per portare avanti reazioni che non essendo spontanee richiedono energia.

Vengono inseriti nel  CATABOLISMO i processi biologici dai quali le cellule ottengono la loro energia (in generale demolizione di molecole più grandi in molecole più piccole) , mentre vengono inseriti nell’ANABOLISMO i processi biologici che richiedono energia (in genere sintesi di molecole grandi partendo da molecole piccole).

L’insieme dei processi catabolici e anabolici danno origine al METABOLISMO.

I processi alterativi sono in genere associati alla demolizione di molecole e quindi maggiormente attinenti a processi catabolici.

Possiamo quindi pensare le cellule come delle vere e proprie macchine che bruciano sostanze quali i carboidrati (ottenendo come prodotto finale CO2 e H2O) per ricavare l’energia che gli necessita.

A differenza dei motori delle automobili le cellule hanno però il limite di non poter sopportare temperature eccessive, si trovano nella condizione cioè di dover dissipare la minore quantità di energia possibile sottoforma di calore (ciò si riflette in un maggiore rendimento termodinamico).

Per attuare una combustione riducendo al minimo la dissipazione di calore, le cellule, anziché operare la combustione in un unico passaggio la suddividono in molti stadi successivi che provocano l’accumulo di molecole “energetiche” spendibili in processi che richiedono energia.

Queste molecole energetiche sono in generale:

  1. molecole di ATP  (contengono legami fosforici ad alta energia)
  2. molecole di NADH o NADHP (contengono elettroni ad elevato potenziale elettrochimico)
  3. molecole di FADH (contengono elettroni ad elevato potenziale elettrochimico)

Se consideriamo il processo di ossidazione completa di uno zucchero (ad esempio il glucosio) scopriremo che a livello cellulare esso avviene attraverso tre fasi principali

  1. Glicolisi: si tratta di un processo degradativo anaerobio che tuttavia viene regolarmente svolto anche dagli organismi aerobi. Questo fatto ci consente di ipotizzare che la glicolisi risulti essere un processo molto antico dal punto di vista evolutivo. Quella che viene comunemente intesa come glicolisi è la via metabolica che porta la trasformazione del glucosio in acido piruvico
  2. Ciclo di Krebbs: l’acido piruvico negli organismi aerobi entra nel ciclo di krebs (chiamato anche ciclo degli acidi tricarbossilici) dopo essere trasformato in acetilcoenzima A . E’ da notare che l’acetil coenzima A viene prodotto oltre che dalla demolizione dei carboidrati anche dalla demolizione degli acidi grassi e degli amminoacidi. Il ciclo di Krebs porta alla formazione di diverse molecole di NADH e FADH (quindi molti elettroni ad alta energia)
  3. Catena di trasporto degli elettroni: si tratta di una serie di reazioni di ossidoriduzione in cui gli elettroni vengono scambiati e trasferendo la loro energia in modo da produrre molecole di ATP. L’accettore ultimo degli elettroni è la molecola di Ossigeno che viene ridotta ad acqua.

 

Vediamo ora in dettaglio il processo della glicolisi

Ma cosa succede se viene a mancare l’ossigeno?

Iniziamo ha premettere che l’ossigeno paradossalmente è un gas potenzialmente tossico.

A riprova di questo fatto possiamo osservare come tuttora molti microorganismi (anaerobi forzati) trovino letale questo gas. Dobbiamo infatti tenere in considerazione che i processi ossidativi in presenza di ossigeno possono produrre acqua ossigenata (perossido di idrogeno) e che solo le cellule che presentano enzimi perossidasi o catalasi sono in grado di demolire questa sostanza nociva.

Tuttavia la selezione naturale ha indubbiamente premiato gli organismi che utilizzando l’ossigeno hanno sensibilmente migliorato la resa energetica del processo ossidativo.

Alcune cellule però hanno mantenuto o sviluppato la capacità di svilupparsi in assenza di ossigeno ricorrendo a dei “trucchi” che possono essere così riassunti:

  1. fermare il processo catabolico ad uno stadio molto prossimo a quello della glicolisi (escludendo il ciclo di krebs e la catena di trasporto degli elettroni) -> FERMENTAZIONE
  2. utilizzare una molecola diversa dall’ossigeno come accettore finale di elettroni -> RESPIRAZIONE ANAEROBIA  

Tra gli organismi che utilizzano la respirazione anaerobia troviamo ad esempio i nitrobacter che operano la riduzione dell’azoto nitrico ad azoto nitroso, i solfobatteri che riducono lo ione solfato in ione solfuro e i metano batteri che riducono l’anidride carbonica in metano.

Pur trattandosi di gruppi batterici di indubbia importanza (vedi processi di azotofissazione e nitrificazione del terreno) questi processi non hanno forti ripercussioni nei principali processi alterativi a carico degli alimenti.

Molto più interessanti per le industrie alimentari sono i processi fermentativi.

Parlando di fermentazione siamo in genere portati a pensare alla fermentazione alcolica operata da alcuni lieviti, in realtà abbiamo molti tipi di fermentazioni.

La seguente tabella riporta i principali tipi di fermentazione operate di microorganismi che hanno interesse nell’ambito alimentare:

–      TIPO       –

–                          PRODOTTI PRINCIPALI                        –

-GRUPPI BATTERICI-

omolattica

acido lattico

batteri lattici

eterolattica

acido lattico, etanolo, CO2 (anche altri prodotti possibili)

batteri lattici

acido mista

acido lattico, acetico, succinico, formico, etanolo, H2 e CO2

enterobatteri

butilenglicol

come acido mista + 2,3 Butandiolo

affini enterobatteri

butirrica

acido butirrico, acido acetico, CO2 e H2

sporigeni anaerobi

aceton butilica

come butirrica + butanolo, etanolo, acetone e isopropanolo

sporigeni anaerobi

propionica

acido proprionico, acido acetico, ac. succinico e CO2

batteri propionici

alcoolica

alcool etilico e CO2

lieviti

Il motivo principale per cui i batteri/lieviti operano processi fermentativi è la necessità di ripristinare la forma ossidata del coenzima NADH (derivante dalla vitamina PP).

Durante la glicolisi, infatti dell’NAD viene ridotto a NADH. Poichè questa molecola è presente in quantità molto limitate a livello cellulare i microrganismi devono ripristinare la forma ossidata affinchè il processo di glicolisi possa continuare.

I prodotti principali delle fermentazioni sono quindi in genere prodotti derivanti da una ossidazione operata da enzimi aventi forme coenzimatiche NADH:

Vediamo alcuni esempi:

E’ interessante sottolineare il fatto che anche le nostre cellule operano in pratica una fermentazione lattica quando si trovano in alcune situazioni critiche

Se nel corso di uno sforzo fisico si va in carenza di  ossigeno, le cellule opereranno la conversione dell’acido piruvico in acido lattico. L’accumulo di acido lattico provoca una acidificazione a livello cellulare provoca una sorta di “blocco” degli ioni Calcio che a loro volta sono i mediatori per la contrazione muscolare. I muscoli si irrigidiscono e percepiamo i crampi muscolari.

Anche con la morte dell’organismo si arriva ad una situazione analoga, il blocco della catena respiratoria accumula acido piruvico che si converte in acido lattico.

Questo fenomeno provoca il fenomeno del rigor mortis.

Come possiamo notare dalla tabella, gli altri tipi di fermentazioni portano alla formazione di molti composti di diversa natura rispetto all’acido lattico e all’alcool etilico.

A titolo esemplificativo riportiamo lo schema semplificato  della fermentazione acido mista.

Come si può osservare tutti i composti derivano in ultima analisi sempre dall’acido piruvico.

Molti di questi prodotti, sia in relazione al loro stato fisico (ad esempio gassoso), sia in relazione al loro sapore/odore determinano sostanziali alterazioni dei caratteri organolettici dei prodotti alimentari.

E’ importante sottolineare che praticamente tutti i prodotti ottenuti attraverso i processi fermentativi sono potenzialmente ulteriormente ossidabili se vengono a modificarsi le condizioni ambientali e di conseguenza le specie microbiche presenti.

Ad esempio gli acetobacter utilizzano come fonte energetica l’etanolo prodotto da processi fermentativi ossidandolo in ambiente aerobio in acido acetico.

In questo caso non si può parlare di fermentazione, ma di vera e propria ossidazione.

Il chimismo dei processi alterativi chimico-fisici

Il ruolo degli agenti chimico fisici nei processi alterativi può essere distinto in queste principali categorie

  1. Rendere più favorevoli (termodinamicamente o cineticamente) delle reazioni alterative
  2. Favorire lo sviluppo microbico (ruolo indiretto)
  3. Svolgere il ruolo di reagenti chimici in reazioni alterative

1) Aspetto Termodinamico Cinetico

Per quanto riguarda il primo punto, in una unità didattica di seconda,  abbiamo segnalato come tutte le reazioni necessitino di superare una soglia di energia (energia di attivazione) per poi procedere  spontaneamente.

Tra i fattori che influenzano la cinetica di una reazione chimica ricordiamo esserci:

  • temperatura (aumenta l’energia cinetica delle molecole rendendo più probabili gli urti e l’energia di essi)
  • catalizzatori (riducono l’energia di attivazione)

Il ruolo giocato da alcuni fattori come: radiazioni elettromagnetiche ed  il calore è proprio quello di a rendere possibili alcune reazioni che in condizioni “normali” non avverrebbero o richiederebbero molto tempo per avvenire. Ricordiamo che il calore e le radiazioni elettromagnetiche sono forme di energia.

Anche il ruolo degli enzimi, in qualità di catalizzatori biologici, va fatto rientrare in questa categoria.

Tra le alterazioni imputabili a questo aspetto troviamo:

– alterazioni fotosensibili

A seconda della lunghezza d’onda delle radiazioni elettromagnetiche avvengono diversi fenomeni, in particolare le radiazioni ultraviolette andando ad interessare gli elettroni di legame determinano o fanno da starter a molte reazioni alterative (in particolare a fenomeni ossidativi)

– alterazioni da calore

E’ noto a tutti che con la cottura di un elemento vengono a modificarsi notevolmente le sue caratteristiche organolettiche.

Alcuni trattamenti di risanamento microbico che prevedono l’impiego di calore sono sempre accompagnati da trasformazioni più o meno spinte di alcuni principi nutritivi.

Oltre alle vitamine, molte delle quali sono termolabili, anche i principi nutritivi possono essere alterati dal calore, tra le molte trasformazioni possibili citiamo soltanto alcune delle più significative.

  • Reazione di Maillard (imbrunimento non enzimatico):  si tratta di una reazione piuttosto complessa che avviene tra gli amminoacidi e i glucidi che porta alla formazione di pigmenti di colore nerastro ed a modifiche di carattere organolettico sul prodotto (sapore di caramello). Questa reazione è piuttosto comune nei prodotti riscaldati tanto da essere una caratteristica addirittura positiva per prodotti quali il caffè o il cacao torrefatti. Ovviamente può diventare negativa per prodotti sterilizzati che non devono avere un gusto “caramellato”
  • Formazione della acroleina: Si tratta di una reazione assolutamente negativa legata alla disidratazione termica del glicerolo (derivante dai grassi).  L’acroleina è infatti un composto cancerogeno che si forma per surriscaldamento delle sostanze grasse secondo la seguente reazione:

  • Formazione della acrilammide: questa sostanza si forma a seguito del riscaldamento a temperature intorno ai 140°C di alimenti ricchi di amido. In pratica è una reazione associata alla reazione di Maillard legata all’interazione di composti glucidici con l’amminoacido asparagina. Si tratta di una sostanza potenzialmente cancerogena per questo motivo è sempre meglio evitare una eccessiva tostatura dei prodotti contenenti amido (esempio fette biscottate, patatine etc)

  • Formazione di idrocarburi policiclici aromatici (IPA) , si tratta di sostanze sicuramente cancerogene che si formano a seguito della combustione di prodotti organici (quindi anche alimenti). Trattamenti temici troppo marcati di  arrostimento, frittura possono determinare la formazione di queste sostanze , la struttura base degli IPA è quella del benzopirene .

2) Aspetto legato all’habitat microbico (azione indiretta)

Si tratta ovviamente di ruolo indiretto, abbiamo gia visto come i microorganismi necessitino di condizioni ottimali per il loro sviluppo. Parametri come l’ossigeno, la temperatura e l’acqua possono favorire sfavorire i microrganismi e quindi le trasformazioni a loro imputate.

3) Aspetto legato alla partecipazione come reagenti (azione diretta)

Interessato a questo aspetto alterativo sono prevalentemente due agenti:

– l’acqua

– l’ossigeno

Le reazioni alterative che prevedono l’acqua come reattivo vengono generalmente chiamate reazioni idrolitiche, mentre quelle che interessano l’ossigeno sono ovviamente chiamate reazioni ossidative.

Tra i macronutrienti più interessati a fenomeni idrolitici e ossidativi troviamo le sostanze grasse.

I fenomeni alterativi sui grassi prendono in genere il nome di irrancidimenti, in quanto sono sempre accompagnati da un aumento dell’acidità del sistema.

Avremo perciò.

– l’irrancidimento idrolitico

 l’irrancidimento ossidativo

Esiste anche un terzo tipo di irrancidimento, denominato chetonico, che però può essere considerato di natura biologica essendo causato da muffe. Questo irrancidimento accompagna in genere le trasformazioni dei formaggi erborinati (ad esempio gorgonzola o roquefort).

Come irrancidimento idrolitico intendiamo la reazione contraria all’esterificazione dei trigliceridi (quindi idrolisi) con conseguente liberazione di acidi grassi e glicerolo.

Come abbiamo gia segnalato questa reazione può essere o meno accompagnata da sostanziali variazioni organolettiche del prodotto soprattutto se vengono liberati acidi grassi a basso peso molecolare di odore caratteristico.

Mentre quindi nel burro, un irrancidimento idrolitico viene percepito piuttosto in fretta, negli oli vegetali (che hanno contenuto di acidi grassi a maggiore peso molecolare) questa alterazione deve essere valutata attraverso misurazioni dell’acidità del prodotto.

II burro, inoltre è più soggetto a fenomeni di irrancidimento idrolitico sia perchè mantiene un certo contenuto di acqua, sia perchè può contenere diversi enzimi idrolitici derivanti dal latte.

Nell’olio d’oliva il fenomeno dell’irrancidimento idrolitico è in gran parte legato al contatto dell’olio con le acque di vegetazione o (molto sensibilmente) alla presenza di olive danneggiate (le quali liberano forti quantità dell’ezima lipasi)

L’irrancidimento ossidativo è un fenomeno che interessa prevalentemente i grassi insaturi (quelli con i doppi legami) ed è fortemente catalizzato dall’azione della luce.

Per questo motivo ad essere colpiti da fenomeni di irrancidimento ossidativo sono per lo più gli oli vegetali.

La luce agisce sui doppi legami formando dei composti molto reattivi chiamati radicali.

I radicali innescano una reazione a catena che in presenza di ossigeno porta alla formazione di diversi composti, tra cui composti trans, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici a corta catena etc.

Il risultato è il caratteristico gusto di rancido degli oli ossidati.

E’ da notare che solo i prodotti finali di questo processo hanno gusti anomali per cui il processo di irrancidimento ossidativo può essere già molto avanzato quando ne percepiamo gli effetti,

Sottolineiamo come gli oli non raffinati contengono la vitamina E (tocoferoli) che sono gli agenti antiossidanti per eccellenza dell’olio.

Gli oli raffinati, perdendo i tocoferoli, diventano particolarmente sensibili all’ossidazione e devono per tanto essere addizionati a sostanze antiossidanti.

Il fenomeno di un iniziale irrancidimento ossidativo viene determinato analiticamente attraverso la determinazione del contenuto di perossidi nell’olio.